Accordo di Ottawa, a rischio la libertà commerciale in rete
S’è chiuso ad Ottawa in Canada, l’ultimo round dei negoziati relativi al segretissimo accordo commerciale Trans¬Pacifico (Trans¬Pacific Partnership, TPP). Ovvero l’accordo multilaterale che mira a riscrivere gran parte degli accordi commerciali su brevetti, marchi, copyright e carte geografiche, coinvolge 12 paesi dell’area del Pacifico, che rappresentano circa il 50% del Pil mondiale: Stati Uniti, Canada, Messico, Perù, Cile, Australia, Nuova Zelanda, Singapore, Malesia, Vietnam, Brunei e Giappone.
Costituirà la base vincolante per futuri accordi commerciali che altri paesi vorranno stabilire con i primi firmatari, Italia inclusa. L’ultima versione del TPP, secondo Open Media Coalition, Electronic Frontier Foundation e altri gruppi di attivisti, se approvata, renderà gli intermediari di Internet responsabili dei contenuti del loro traffico, impedirà copie temporannee di materiali coperti dal diritto d’autore, allungherà i tempi di tutela del copyright e ne ridurrà il fair use (l’uso legittimo di materiali coperti da diritti, articoli di giornale compresi).
Il primo effetto, secondo gli esperti come Michael Geist, sarebbe quello di bloccare siti web, minacciare la privacy e rendere Internet più costoso per gli obblighi di sorveglianza in capo agli intermediari che si rifarebbero sugli utenti.
Entrano in scena 30 grandi aziende e associazioni per i diritti civili come ¬ Tucows, APC, Techdirt, Fight for the future ¬ hanno dato vita alla “Our Fair Deal Coalition” che punta a fermare il patto, avviando una campagna che ha finora coinvolto decine di migliaia di cittadini, in attesa di conoscere le decisioni finali sull’accordo.