Giappone, in aumento i casi di “matahara”
Matahara è una delle parole giapponesi di origine più recente. È l’abbreviazione di ‘maternity harassment‘, una delle tre principali forme di molestie – insieme a quelle sessuali e agli abusi di potere – che riguardano le lavoratrici giapponesi: pressioni, psicologiche ma anche fisiche, o direttamente il licenziamento, ai danni delle dipendenti in maternità .
Le quali si ritrovano a dover scegliere: o l’azienda o la famiglia. La sensibilità dell’opinione pubblica sul matahara è cresciuta solo di recente, anche grazie a casi che hanno attirato l’attenzione della stampa. Il 18 settembre scorso, la Corte suprema del Giappone ha tenuto la sua prima udienza su un caso che riguardava una fisioterapista rimossa dal suo incarico di vicedirettrice mentre aspettava il suo secondo figlio.
Poco più di un anno fa, la conoscenza del fenomeno era limitata. È infatti solo nel maggio del 2013 che la Confederazione dei sindacati giapponesi (conosciuta come Rengo) commissiona il primo sondaggio sulle forme di mobbing ai danni delle donne incinte.
Rispondono in oltre seicento, tra i 20 e i 40 anni, portando alla luce dati preoccupanti: oltre un quarto (25,6 per cento) delle intervistate dichiarava di essere stata vittima di forme di matahara, ma appena il 6 per cento di loro dichiarava di conoscere a pieno il significato della parola.