Giulia Cecchettin, papà Gino: “Quella notte stavo correggendo la sua tesi”
“Quella sera io dovevo andare a prendere Davide in centro. Aspettando il momento mi sono addormentato qui, sul divano. Quando mi sono svegliato erano le undici e trequarti. Sono tornato e lei non c’era, ma non avevo alcuna ragione per preoccuparmi, capitava, il sabato sera. Non avevo sonno e mi sono messo, come eravamo d’accordo, a correggere la sua tesi. Le ho mandato uno screenshot di un errore e solo allora mi sono accorto che era l’una e quarantacinque. Ho pensato che la mattina dopo l’avrei rimproverata, ma quando mi sono alzato non c’era e da allora è cominciato tutto”.
Lo ha affermato Gino Cecchettin, il papà di Giulia, raccontando in un colloquio con il Corriere della Sera la notte in cui la figlia è stata uccisa.
Gino Cecchetin ha ricordato sua figlia: “Tempo fa mi disse che lei si sarebbe laureata, ma poi avrebbe voluto fare una scuola di comics, era stata a un open day a Reggio Emilia. Aveva paura che ci rimanessi male, che fossi deluso. Il suo sogno, adesso, era diventare illustratrice. Le dissi che la vita va vissuta inseguendo le proprie passioni e che ero certo sarebbe diventata la migliore illustratrice del globo. Fu contenta e mi abbracciò. Leggeva molto, la sua passione era Jane Austen. Avrebbe voluto vivere in una di quelle casette ricoperte d’edera, svegliandosi nella brughiera. Lì sognava il suo futuro e la sua famiglia”.
“Vorrei preservare questa casa come la dimora di noi cinque. Il dolore ce l’ho dentro e mi accompagnerà. Ma ciò che mi preme ora è fare in modo che, finita l’emozione, non ci si torni ad assopire. Noi italiani siamo bravi ad avere slanci civili ma siamo anche capaci di dimenticare in fretta. Il rumore è il campanello che ogni mattina ci deve tenere svegli e farci chiedere cosa abbiamo fatto per far finire i femminicidi – ha sottolineato – Quando ho parlato di un impegno civico ho voluto dire che, con una Fondazione o in altro modo, io voglio dedicare la mia vita a far sì che non ci sia un’altra Giulia. Per me bisogna partire dall’educazione. La violenza non è un problema di altri”.
Al quotidiano ‘la Repubblica’ il papà di Giulia ha raccontato l’ultima abbraccio alla figlia, la mattina del funerale, quando la prima pagina del romanzo-capolavoro ‘Orgoglio e pregiudizio’ e un orsacchiotto che aveva sin da bambina, sono stati sistemati accanto a lei: “In quel momento ho preso le sue mani e le ho strette forte, avrei riconosciuto le sue dita affusolate tra mille, per pochi secondi ho avuto la sensazione di averla ancora con me. Ho pianto anche un po’ di felicità per averlo fatto”.