Guarisce la figlia dall’autismo, la storia di Katherine e della sua piccola Brooke
Ancora oggi molti medici sono scettici ma non potranno non tenerne conto nello studio futuro di una cura alimentare che ha meravigliato in primis Katherine. Katherine Reid non è solo una mamma ma è anche una scienziata, lavora come biochimico e ha sfruttato le sue conoscenze e i suoi studi per aiutare sua figlia, assieme al contributo del marito, Paul Sauer, che è un biologo cellulare.
Katherine ha cinque figli e alla più piccola è stata fatta una diagnosi di un quadro autistico a soli tre anni.
“Brooke viveva in un suo mondo, non poteva esserci un contatto visivo con lei, un abbraccio, comunicare era difficile, impossibile l’interazione e il gioco con gli altri bambini. Era in grado solo di classificare, ordinare e raggruppare in modo ossessivo i suoi animaletti di plastica. Il suo linguaggio era limitato a parole o frasi estrapolate da film, discorsi o canzoni che sentiva e ripeteva”.
La sofferenza di una mamma è stata enorme perché si è sentita tagliata fuori ed impotente. Katherine decide allora di approfondire la questione e sfruttare alcune sue conoscenze e altri studi indipendenti, sia da mamma che da ricercatrice. Prova diversi approcci terapeutici ma emerge una cosa sconcertante: l’unica cosa che sembra sortire qualche effetto è cambiare alimentazione.
Katherine evidenzia ciò che altri studiosi hanno già affermato: il cibo ha grandissimi e vasti effetti sul nostro cervello e apporta gradualmente delle modifiche alimentari in tre distinte fasi.
PRIMA FASE: INTEGRATORI E TANTA FRUTTA E VERDURA
– Nella prima fase vengono introdotti integratori alimentari: probiotici, vitamina B e D, Omega3, magnesio e quote aggiuntive di frutta e verdura.
Dopo soli 10 giorni, per la prima volta, Brooke stabilisce un contatto visivo significativo con la mamma. Nelle settimane successive migliora la collaborazione e risponde quando le viene chiesto come si chiama, quando la gente intorno a lei parla, Brooke si gira a guardarli.
SECONDA FASE: ELIMINAZIONE DI GLUTINE E LATTICINI
– Dopo tre settimane è stata iniziata la fase due: eliminare il glutine e i latticini che contengono caseina (la proteina del latte), per sei mesi. La letteratura scientifica medica evidenzia studi a riguardo non solo relativamente all’autismo, ma anche per numerose altre patologie.
Non è un caso probabilmente se questi bimbi spesso hanno anche problemi di digestione e costipazione che, una volta modificata l’alimentazione, vanno migliorando di pari passo con il loro comportamento.
Brooke inizia successivamente ad interagire con gli altri bambini, a giocare in modo immaginativo, ad avere una percezione sensoriale molto migliore. Continuava però ad avere comportamenti compulsivi e crisi di pianto che Katherine avrebbe voluto risolvere.
In base agli studi e alle ricerche indipendenti di Katherine, emerge un fattore determinante per lo sviluppo e il peggioramento di molte malattie tra cui la depressione, la sindrome bipolare, il diabete, sclerosi multipla, Parkinson, sindrome di Tourette, schizofrenia, Alzheimer e l’autismo.
Si tratta del glutammato, che si trova nel 5% degli alimenti, soprattutto sotto forma di glutammato monosodico, spesso non menzionato in etichetta. I dadi da brodo, patatine e altri prodotti industriali lo contengono (sigla E621). Se mangiate cinese, è usato largamente nei piatti.
Il glutammato si accumula e provoca problemi al nostro corpo. Si trova anche in modo naturale nel nostro organismo ma viene prodotto in base alle necessità, dunque in modo controllato. Secondo molte pubblicazioni, l’assunzione da alimenti è responsabile di molti problemi neurologici dovuti ad un disequilibrio nei recettori primari che può interferire con l’apprendimento e tutte le funzioni neurali.
TERZA FASE: ELIMINAZIONE DEL GLUTAMMATO MONOSODICO
Ebbene nella fase tre vengono eliminati tutti i prodotti che contengono glutammato e Brooke diventa una bambina capace di comunicare perfettamente, senza crisi ossessive, senza più il bisogno di nessuna insegnante di sostegno!
Incredibilmente le critiche mosse a questi genitori sono state molte e non tutta la comunità scientifica è d’accordo sulla loro scelta. Chi non può fare a meno di vedere la realtà ammette che fondamentalmente si tratta solo di un’alimentazione più salutare!
Nel frattempo Katherine può toccare con mano il risultato della figlia, che ora ha sette anni, ed è la prova vivente della fondatezza delle sue ricerche indipendenti.
Katherine e il marito hanno inoltre costituito un’associazione senza scopo di lucro “Unblind my mind“ per rendere le persone consapevoli e stimolare curiosità e approfondimenti riguardo un’alimentazione più sana.
Fonte SFGate – Contiandrea.com