“I am not my…” 27 donne che hanno deciso di andare avanti
“Io non sono la mia bulimia.”
“Non sono i miei attacchi di panico.”
“Io non sono la violenza sessuale che ho subito.”
Sono solo alcuni dei pensieri più profondi, più oscuri, che le donne hanno rivelato al fotografo Steve Rosenfield per il progetto che rientra nella sua raccolta fotografica “What I Be Project”. Rosenfield ha chiesto a 2.500 persone, di condividere le loro più profonde insicurezze e ogni partecipante al progetto, doveva allegare alla propria foto la frase “I am not my…” (Io non sono il mio…). Tutte le persone, hanno contribuito, rendendo pubbliche le loro incertezze nate da una serie di fattori: malattie mentali, sessualità, la propria immagine del corpo, abusi sessuali, l’identità di genere e del colore della pelle.
Con l’affermazione: “I am not my…” coloro che hanno deciso di partecipare hanno ammesso che nella realtà si ritrovano a lottare con questi problemi, che non li definiscono come persone. Il fotografo Rosenfield ha infatti scritto sul suo sito: “Non stanno negando le loro insicurezze, loro, sanno di possederle”.
“Sono assolutamente convinto – dice il fotografo – che le donne che si aprono e condividono i loro sentimenti e la loro vulnerabilità, hanno più possibilità di essere accettate dalla società, ma questo vale anche per gli uomini. Ci insegnano ad essere duri, a rassegnarci, e una delle più grandi insicurezze dell’essere umano è proprio quella di non riuscire ad accettare tali insicurezze”.
“Quello che ho cercato di far emergere con il mio progetto – conclude – è la dimostrazione del fatto che tutti ci rapportiamo a qualcosa di preciso: non ha importanza se siamo maschi o femmine, se siamo famosi o persone comuni, tutti, abbiamo comunque le nostre insicurezze, le nostre vulnerabilità”.
fonte HuffPost