Integrazione contro ogni discriminazione per costruire Accoglienza
Voglio, qua, richiamare l’attenzione su forme risorgenti di discriminazione e di razzismo. Segnali tanto più inquietanti quando trovano sponda in un orientamento politico. Allora io credo che sia importante mettere in chiaro una cosa: non c’è legalità senza uguaglianza. L’uguaglianza è la premessa, il fondamento della legalità. Se le persone non sono riconosciute nei loro diritti e nella loro dignità, la legalità può diventare uno strumento di esclusione, di discriminazione e di oppressione. Ma, le ingiustizie e le discriminazioni trovano alimento in una mentalità diffusa. Inutile nascondersi dietro un dito: nel nostro Paese c’è stato in questi anni un grande impoverimento culturale. Un declino che ha corroso la coscienza civica, la solidarietà e reso più fragili gli anticorpi contro il pregiudizio. Il razzismo e l’omofobia nascono da lì. Per non parlare della diffidenza che spesso diventa insofferenza verso le persone povere, senza tetto o colpite da handicap fisico e psichico. Poi ci sono le discriminazioni economiche e culturali, non meno violente quelle che segnano in modo sempre più doloroso il mondo del lavoro, con la crescita della disoccupazione o che rendono più faticosa la vita di molte donne, vittime di pregiudizi, figli della sottocultura. Ecco allora l’importanza del lavoro culturale. Perché solo la cultura può farci uscire dai recinti materiali e mentali che alimentano indifferenza e paura e renderci persone che conoscono e al contempo riconoscano negli altri un completamento di sé. L’incontro con la diversità è difficile perché ogni diversità è imprevedibile. La diversità può spaventare o disorientare, ma proprio per questo è importante imparare ad incontrarla. Non si può pretendere che un giovane abbia una visione non individualistica della vita se prima non ha potuto familiarizzare con la propria diversità, diventare capace di mettersi nei panni degli altri, ma anche di guardare nel profondo di se stesso. Ecco allora il ruolo fondamentale della Famiglia, della Scuola, delle Associazioni. Oggi si vive molto ‘accanto’ dobbiamo, invece, recuperare il vivere insieme. E diventa importante interagire con le differenze perchè ciò significa accogliere le persone. Non è una cosa teorica ma pratica. L’incontro con l’altro ci riconcilia con la nostra diversità e ci fa essere pienamente persone. Tutti siamo diversi. Dobbiamo educarci e riconoscerci diversi come persone e uguali come cittadini. Certo, non è semplice, sono percorsi che richiedono tenacia e intelligenza ma quando c’è la volontà, quando c’è collaborazione tra pubblico e privato, nessun obiettivo è precluso. Ecco l’importanza del ‘noi’, un noi che include le appartenenze, le specificità, i diversi percorsi culturali e religiosi. Il tema profondo l’avete colto: è quello della libertà. La libertà come compito, che ci assegna la vita – impegnare, cioè, la nostra libertà per liberare chi ancora libero non è. Chi è povero non è libero, chi è schiacciato dalla mafia non è libero. Non è libero chi è informato e chi scambia le illusioni per speranze. E allora mi auguro, amici, che ci sia sempre meno solidarietà e più diritti, cioè più giustizia. Sono certa che voi capite il senso in cui lo dico. La solidarietà non può diventare un alibi per lasciare le cose come stanno. Ancora una volta siamo chiamati tutti a fare la nostra parte in un patto di corresponsabilità tra cittadini, politica e istituzioni. Oggi questo patto fa acqua da tutte le parti. Da un lato c’è una politica spesso lontana dalle persone e dal bene comune, dall’altro c’è un corpo sociale molto frammentato. Troppi cittadini rassegnati, indifferenti o condizionati da un’informazione spesso asservita. E allora c’è chi resta schiacciato nel mezzo e sono i più deboli, i meno garantiti, gli ultimi della fila. Ecco perché l’integrazione è la sfida del nostro tempo. Una sfida che chiama in causa la politica, l’economia, l’educazione, la cultura. Concludo con la speranza. La speranza è la tensione della vita che si fa progetto. Speranza significa vedere un futuro che non sia luogo di paura ma di possibilità. E ci sono parole che vogliamo non solo sentire, ma anche vedere. Perché è facile sentire parole come legalità, giustizia, diritti, accoglienza. No. Noi le vogliamo vedere. Vogliamo che quelle parole siano trasformate in progetti, in realtà. Le crisi non devono trascinarsi dietro le nostre speranze. Tocca a noi metterci in gioco in un momento come questo. Dobbiamo avere il coraggio della speranza. Coraggio deriva da Cor Habeo “Ho cuore”. Lo auguro a me e lo auguro a voi questo coraggio, questo impegno contro le discriminazioni che riempie il senso della nostra vita. E vi auguro di imparare a sognare. Sognare significa progettare, significa lavoro, benessere. Un uomo vive molto meglio quando il suo lavoro è alimentato dalla passione e dall’orgoglio. L’unico regalo che ci è stato dato al momento della nascita è il tempo. Il tempo è la ricchezza più grande a disposizione di ognuno di noi: io lo chiamo semplicemente vita, un’ avventura incredibile alimentata dai sogni e costruita sulla volontà. Dobbiamo fidarci di più di noi stessi e delle nostre speranze. Ognuno di noi nasce con le ali ma spicca il volo solo chi ha imparato a sognare.
Il discorso di Marcella Cannariato, presidente di Fiori di Acciaio, nel corso del seminario ‘La Sicilia a 360 gradi’