La Palermo che vorrei…

4412478550_e1b27ee6b3_oLa Palermo che vorrei somiglia a un dolce ricordo d’infanzia. Ero in cucina con nonna, piccina dentro un grembiule immenso che lasciava scoperto solo il viso e strisciava per terra, preparavamo una torta di mele profumata alla cannella, avevo cinque anni e lei mi lasciava giocare con farina, burro, zucchero e uova. Eravamo alla casa di campagna. Fuori pioveva, mi sentivo così al sicuro col suo sguardo presente, così tenero come quell’impasto che tenevo tra le mani, sul viso. Poi d’un tratto cessò di lacrimare, spuntò l’arcobaleno tra le nuvole bianche e la cima della montagna che si ergeva davanti a noi. Corsi fuori ad ammirare tutti quei colori con le mani impastate e gli occhi in festa. “Che bello le dissi”, “Questa città, piccina, sa regalarti attimi di bellezza infiniti” mi rispose.

La Palermo che vorrei ha la tenerezza e la fragilità di quel ricordo ma che, se spostato alla realtà, mi fa venire voglia di tornare indietro nel tempo, a quell’abbraccio sicuro, forte. Oggi passeggiando per le vie di questa città, la mia città, mi sento persa. Ricordo i gelsomini e le arance rosse, il loro profumo. Oggi vedo spazzatura a ogni angolo di strada, degrado, bancarelle tra i monumenti che dovrebbero essere ammirati, i bisogni dei cani in ogni marciapiede, il centro storico ormai fatiscente.

La Palermo che vorrei è libera dalla corruzione, dalla mafia, dalla legge del capuzzella di turno, è quella con un’amministrazione presente, attenta alle esigenze di coloro che ci sperano ancora, che qualcosa possa cambiare, che questa città possa risorgere dalle sue ceneri. E invece vedo il cuore di Palermo cadere a pezzi, tra polvere e macerie, così come le scuole e i sogni di chi ci vive, tra interventi non effettuati e l’indifferenza della gente, è quella a infliggerle la più crudele delle ferite.

Eppure basterebbe poco per tornare a scoprire la bellezza di Palermo con i suoi palazzi storici e i suoi monumenti, con la sua ironia e il suo cuore buono.

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