L’ARTE CONTEMPORANEA AL CENTRO DELLA SICILIA: UN PROGETTO CULTURALE CHE ‘FA GOLA’ A TUTTO IL MONDO
di Giulia Noera
Sembra di essere in un altro mondo, ma invece è proprio il cuore della Sicilia, al centro dell’Isola in un luogo fino a poco tempo fa completamente al di fuori dei percorsi turistici e che invece, da qualche anno, è divenuto meta prediletta di tanti viaggiatori: stiamo parlando del Farm Cultural Park di Favara, a pochi chilometri da Agrigento e dalla Valle dei Templi. Qui, una coppia di iperattivi coniugi, ha dato vita ad un progetto unico, che ha riqualificato tutta un’area storicamente depressa del centro storico, richiamando a se architetti, artisti e designer da tutta Europa.
Loro si chiamano Florinda Saieva e Andrea Bartoli e sono un avvocato ed un notaio con un gran gusto per la cultura, in senso ampio.
Tra i riconoscimenti già archiviati dal Farm Cultural Park, nel 2011 il premio ‘cultura di gestione’ di Federculture e nel 2012 si sono aperte le porte della XXIII Mostra Internazionale di architettura di Venezia. Nel 2013 il blog brittanico, Purple Travel ha collocato il Farm Cultural Park e Favara al sesto posto al mondo come meta turistica dell’arte contemporanea preceduta soltanto da città ‘storiche’ come Firenze, Parigi, Bilbao, le isole della Grecia e New York; ed anche indicatori economici come ‘Il Sole 24 ore’ hanno dato un parere assolutamente favorevole al progetto.
Il motto di Florinda ed Andrea è “dare alla città di Favara e ai territori limitrofi una nuova identità connessa alla sperimentazione di nuovi modi di pensare, abitare e vivere”, un progetto con utilità sociale e per lo sviluppo sostenibile . Infatti il presupposto iniziale era quello di non abbandonare la Sicilia per trasferirsi all’estero, ma di iniziare un cammino quotidiano di cambiamento che coinvolgesse ogni sfera della propria vita: in sintesi la costruzione di un mondo migliore partendo da se stessi, per poi ‘inventare’ nuovi modi di pensare, abitare e vivere.
Abbiamo rivolto qualche domanda a Florinda Saieva, una Donna che sta cercando di migliorare la vita per se, e la propria famiglia.
-Da dove viene l’idea della ‘factory’ e perchè proprio a Favara, con le conseguenti difficoltà?
Farm nasce dal desiderio personale di vivere in un contesto migliore e non aspettare che fossero gli altri a cambiare le nostre sorti ma siamo stati noi stessi a fare quanto nelle nostre possibilità, migliorando il nostro quotidiano e quello delle nostre figlie.
Abbiamo scelto Favara perché è il mio paese di origine e quando io e Andrea dovevamo scegliere dove costruire il nostro percorso di vita, inizialmente mio marito aveva pensato a Parigi come possibile meta, anche perché lì avevamo preso una casa in affitto e già da due anni facevamo la spola. Ma non mi andava di continuare a fare avanti e indietro e privare mia figlia di affetti importanti.
-Che costi ha avuto il recupero dell’area e come li avete sostenuti e li sostenete tutt’ora?
Non saprei dire quanti soldi abbiamo speso di preciso, per noi tanti ma sicuramente non delle cifre impossibile per tante altre persone; una volta in un talk una signora mi disse che avevamo potuto portare avanti questo progetto solo perché eravamo ricchi e fu allora che chiesi se lei aveva la casa al mare, e lei, quasi risentita mi rispose: “ Certamente” e io risposi che lei ai suoi figli avrebbe lasciato una casa al mare ed io un patrimonio culturale.
– Leggo che la nascita di questo centro è stata ispirata da il Palais de Tokyo di Parigi, sede di cultura contemporanea ed anche luogo di intrattenimento; da Marrakech, piazza principale del Marocco, luogo alquanto suggestivo e ricco di intrattenimento e ristoro; e dal mercato di Camden Town, dove comprare oggetti di qualsiasi tipo e mangiare cibo di qualsiasi parte del mondo. Cosa ha la vostra factory che richiama questi luoghi?
Quanto al Palais de Tokyo, sicuramente l’informalità degli spazi espositivi e anche i linguaggi molto contemporanei. Di Camden Town ci piace molto lo spirito internazionale, il fatto che si possa mangiare cibo internazionale e che puoi incontrare diverse culture.
Infine i sette cortili hanno un’architettura che molto assomiglia alle Kasbe arabe, Place jemaa el fna è un luogo a noi molto caro, una piazza per eccellenza, un luogo di incontri, di scambi e dove puoi trovare quello che non ti aspetti. Ci piacerebbe che Farm fosse questo.
– Che tipo di programmazione culturale fate?
La nostra programmazione è molto fitta e varia, infatti ci sono eventi di diversa portata ma anche di diversa natura.
Solitamente organizziamo due grandi eventi l’anno, quattro di media portata e poi diversi talk, workshop e laboratori vari. Spesso il tutto accompagnato da bella musica.
– Quali sono i vostri progetti futuri?
Il nostro prossimo progetto è una parte del nostro sogno, la realizzazione di un Children’s Museum, un luogo interamente dedicato ai bambini, dove questi possono imparare divertendosi, dove possono sviluppare un maggior senso critico e dove possono imparare a diventare dei cittadini migliori.
Abbiamo già iniziato la campagna di raccolta fondi, ma siamo ancora all’inizio; la strada è lunga ma noi teniamo duro.